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Forex Broker: la violazione delle regole di comportamento


In tale sezione parleremo della violazione delle regole di comportamento degli intermediari finanziari dedicando, come sempre, una meritata e particolare attenzione ai c.d. FOREX BROKER.



Pur se l’argomento è già stato trattato nelle prime due sezioni del blog, una breve premessa va fatta in relazione all’applicabilità delle legge italiana alle imprese di investimento straniere con o senza succursale. Tale premessa è necessaria in quanto la difesa dei FOREX BROKER citati in giudizio nel nostro Paese si basa essenzialmente su due punti principali, il primo relativo al foro competente a giudicare in caso di controversie e il secondo relativo alla non applicabilità a tali Intermediari delle regole dettate dalla normativa italiana, in quanto trattasi appunto di Imprese con sede legale all’estero e sottoposte alla normativa del loro Paese di origine.
Sostanzialmente può affermarsi che tali tipo di difesa tende in maniera impudente  e “imprudente” a non far assumere alcuna responsabilità al FOREX BROKER, nel vano tentativo che lo stesso non subisca alcuna conseguenza del suo spesso costante e pervicace comportamento negligente. La si può quindi definire una difesa tecnica semplicistica ed in un vero e proprio maldestro tentativo di fuga dalle proprie responsabilità che, evidentemente, non sfugge alla sensibilità del Giudice.
Ad ogni modo, se poteva sorgere un dubbio in relazione alla richiesta di nullità dei contratti per mancanza di forma scritta, di cui abbiamo già discorso nella sezione precedente, non sorgono invece dubbi allorquando si sollevano richieste risarcitorie basate sulla violazione delle regole di comportamento.
Le stesse sono infatti recepite  dal nostro diritto in base alle direttive delle Comunità Europea, tali direttive danno le indicazioni necessarie ai Paesi aderenti la Comunità affinché gli stessi adottino le misure legislative necessarie compatibili con il diritto di ogni Paese. Come si potrà notare da ciò che si dirà, gli articoli del TUIF che si occupano dell’argomento non fanno altro che ricalcare, adeguando al nostro diritto, ciò che la Comunità Europea ha stabilito nelle sua direttive.
Bisogna precisare, qualora vi fosse ancora la necessità, che anche se le sentenze citate nel presente blog si riferiscono ad intermediari italiani - per le ragioni spiegate anche negli articoli precedenti- non deve indurre a ritenere che non possano costituire un precedente per gli Intermediari esteri e quindi per i FOREX BROKER.


VIOLAZIONE DELLA REGOLA RELATIVA AL CONFLITTO DI INTERESSE – ART.18 DIRETTIVA COMUNITA’ EUROPEA  2004/39/CE - ART. 21 E 27 Testo unico intermediazione finanziaria
Le regole di comportamento degli Intermediari finanziari vengono dettate dalla Direttiva della Comunità Europea n. 2004/39, la quale all’art. 18 stabilisce i criteri che le imprese di investimento europee devono seguire in tema di conflitto di interessi
Per ciò che concerne i FOREX BROKER, si è visto che il tipo di prodotto finanziario negoziato over the counter - valute CFD - può generare un naturale conflitto di interesse. Si consiglia di rivedere gli estratti delle sentenze n. 5443 IV sez. civile del Tribunale di Milano 19 aprile 2011 e la sentenza n. 1547/2011  della Corte di Appello di Milano riportate nella sezione del blog CFD: IL CONFLITTO DI INTERESSI.
Occupiamoci delle conseguenze di tali tipo di violazione stabilite dal nostro legislatore e interpretate di conseguenze nelle sentenze testé citate. Come si può facilmente desumere i Giudici ritenendo violato il principio di diritto sancito per interpretazione della direttiva CEE dal nostro TUIF agli arti 21 e 27, ha ritenuto l’intermediario responsabile e conseguentemente lo ha condannato alla restituzione in favore dell’investitore delle somme da questo versate in esecuzione di un contratto viziato da tali violazioni. Nel caso delle sentenza del Tribunale di Milano alla somma di euro 5.727.445,49 maggiorata degli interessi legali a far data dalla domanda giudiziale, nel caso della sentenza della Corte di Appello di Milano alla somma di euro 260.000 oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
Se ne citano altre che, pur se riferite a fatti diversi, sono sostanzialmente conformi alle precedenti e delle quali si consiglia la lettura.
Sentenza Corte di Appello di Torino 4 aprile 2011 – Tribunale di Torino 11 novembre 2010 – Tribunale di Torino 26 maggio 2010 – Tribunale di Milano 14 febbraio 2009

Si consiglia, altresì, di rivedere il Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio (Adottato dalla Banca d'Italia e dalla Consob con provvedimento del 29 ottobre 2007)  art. 23 e 24.

La ragioni per le quale sono state dettate tali  regole dal legislatore della Comunità Europea è quella di non lasciare sfornito l’investitore di quella  forte tutela  finalizzata affinché  lo stesso non subisca l’evidente sbilanciamento di forza dovuta all’esperienza, conoscenza e cultura finanziaria che possiede  l’intermediario ma che non è naturalmente e normalmente posseduta dall’investitore. È quindi evidente che discorrere delle violazioni delle regole di comportamento in maniera esaustiva e pressoché impossibile in poche righe alla luce delle normativa la quale, se pur semplice, racchiude una moltitudine di regole che l’Intermediario deve osservare.
Senz’altro può affermarsi che tali principi di condotta non sono delle mere regole la cui violazione non porta conseguenze, ma sono considerate dal diritto norme imperative , ciò significa che il loro accertamento da parte del Giudice porta  automaticamente, come abbiamo già visto, al risarcimento  in favore dell’investitore.
Tratteremo adesso brevemente  l’aspetto delle consapevolezza (adeguatezza) delle operazioni ed evidenzieremo alcune regole contrattuali fondamentali la cui inosservanza  o mancanza comporta un obbligo risarcitorio a favore dell’investitore.
Violazione della regola di comportamento prevista dall’art19 e ss. direttiva CEE 2004/39  e relativa al profilo di rischio che i FOREX BROKER devono redigere e far firmare al proprio cliente.
Il profilo di rischio costituisce il parametro di riferimento al quale l’intermediario deve tener conto per valutare l’esperienza e la capacità del proprio cliente e per stabilire l’adeguatezza delle operazioni da questo compiute, è obbligatorio redigerlo e farlo firmare all’inizio del rapporto contrattuale ma, come vedremo, non è sufficiente ad integrare di per sé la diligenza del’Intermediario.
Vediamo perché.
L’’art.29 delibera 11522 prevedeva che gli intermediari autorizzati si astenessero dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione e che allo scopo di valutare la non adeguatezza delle operazioni dovevano tener conto sia delle informazioni raccolte all’atto della stipula del contratto e sia di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
Con la nuova normativa entrata in vigore nel novembre 2007 gli intermediari possono comunque dar corso all’operazione che ritengono inadeguata ma devono comunicarlo al cliente. Nella sostanza e per le conseguenze nulla è cambiato.
In sostanza, gli intermediari, quale che sia il tipo di contratto stipulato con l’investitore, devono compiere ogni volta che si accingono ad eseguire delle operazioni per conto dello stesso, una operazione di valutazione della compatibilità dell’operazione stessa con il profilo dell’investitore, così come emerge da tutte le informazioni in possesso dell’investitore stesso (cd. suitability rule).
Orbene, se tutto ciò fa ritenere che al trader/investitore il quale abbia firmato un profilo di rischio c.d elevato non vadano applicate tali regole in quanto questi si è dichiarato all’inizio del rapporto contrattuale un esperto di prodotti finanziari anche derivati, ma a tutto ciò non è seguito nella pratica alcun risultato operativo dignitoso ma anzi sostanziose perdite, si commette un errore logico giuridico. Infatti la normativa  Consob ha anche chiarito che in nessun caso gli intermediari sono esonerati dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione disposta dai clienti, neanche nel caso in cui l’investitore abbia rifiutato di fornire le informazioni sulla propria situazione patrimoniale o finanziaria, obiettivi di investimento e propensione al rischio; nel caso la valutazione andrà condotta in ossequio ai principi di correttezza, diligenza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui l’intermediario è in possesso (es. età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce della pregressa ed abituale operatività, situazione del mercato) (cfr., Comunicazione Consob n. DI/30396 del 21 aprile 2000, in Bollettino, 2000 ).
In conclusione, l’intermediario deve compiere la valutazione relativa all’adeguatezza di una determinata operazione rispetto al profilo dell’investitore che, man mano che il rapporto va avanti, si è andato delineando, anche a prescindere dalle informazioni che siano state dallo stesso rilasciate all’atto della stipula del contratto. La know your custumer rule condiziona il rapporto anche successivamente al momento costitutivo. Infatti il suo rispetto esige che le informazioni acquisite siano tenute aggiornate dall’intermediario, anche mediante riscontro periodico della coerenza della situazione del cliente con gli obiettivi di investimenti originariamente dichiarati. La revisione dei dati dovrebbe essere realizzata in cooperazione con il cliente, in mancanza è dovere dell’intermediario assumere autonome iniziative volte alla verifica periodica delle informazioni in suo possesso. ( Comunicazione Consob n DI/98087230 del 6. 11. 1998).
L’acquisizione di tali informazioni è un momento fondamentale del rapporto con il cliente, ma lo ancora di più allorquando l’Intermediario opera in maniera esclusiva attraverso il canale telematico per cui non riesce ad assicurare quel risvolto pedagogico che vuole che tali informazioni siano di norma acquisite nell’ambito di un incontro personale con il cliente.
Violazione art.30 lett. e delibera Consob 11522/97 oggi abrogata e sostituita dagli artt. 37 lett. e e 55delibera Consob 16190/2007.

In ultimo ma non meno importante  chiediamoci se i contratti che i FOREX BROKER hanno stipulato con i consumatori italiani sino al novembre 2007 contengono l’imposizione la quale  stabilisce che nei contratti con l’ investitore, quest’ultimo deve  indicare una somma che al massimo è disposta a rischiare per gli investimenti in prodotti finanziari derivati.

Dall’esame della contrattualistica che i  FOREX BROKER almeno in forma di fac simile sottoponevano e sottopongono ai loro clienti, questa regola imposta dalla normativa in materia risulta puntualmente violata. Sostanzialmente i trader non hanno mai firmato alcuna appendice contrattuale nella quale stabilivano la quota parte dei loro investimenti da destinare all’operatività in derivati.
È evidente l’importanza di tali prescrizioni normative ed a tal proposito è rilevante la Comunicazione Consob n. dem/69397 del 19.9.2000. Dalla lettura della comunicazione Consob ,infatti, si può agevolmente rilevare che tale regola va applicata per l’intero rapporto contrattuale, e non si esaurisce solo nel momento della stipula dello stesso. Ciò significa che una volta che l’investitore abbia perso l’intera somma che inizialmente aveva destinato all’operatività in derivati, nel momento in cui effettuerà  nuovi versamenti per lo stesso tipo di operatività, dovrà ogni volta rideterminare il capitale di riferimento  firmando l’apposita appendice integrativa,
Nello stesso tempo e di conseguenza risulta puntualmente violata l’imposizione stabilita dall’art. 29 delibera Consob 11522/97.che imponeva all’intermediario di avvertire il cliente nel momento in cui le operazioni da questo disposte abbiano generato perdite che eccedano il 50% del mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia, cioè quella quota parte di capitale massimo che l’investitore è disposto a rischiare in operazioni in derivati e che, appunto, doveva essere indicata in contratto. Se la prima non è stata fissata in contratto è stato impossibile inviare le comunicazioni testé enunciate e previste. Oggi tale regola prevista dalla nuova normativa prevede che la percentuale dalla quale far discendere l’obbligo di comunicazione possa essere diversa dal 50% ma comunque deve essere concordata tra le parti e stabilita in contratto.
Facendo un esempio: se il rischio accettato dal cliente ed indicato in contratto o nelle successive comunicazioni scritte nella negoziazioni di prodotti finanziari derivati è pari ad una determinata somma, la maggior somma che il trader dovesse perdere rispetto a quella stabilita, deve essere restituita allo stesso in base alle regole della normativa relativa alle violazioni delle regole di comportamento testé citate
Si veda Cassazione sez. I civ.25 giugno 2008 n.17341 – Cassazione sez. I 17 febbraio 2009 n.3773

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Avvocato Antonio Mangani
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